I diritti delle donne nel mondo del lavoro
Sul tema del diritto delle donne in Italia e nel mondo apre a tutta una serie di questioni, di cui molte ancora irrisolte, inerenti al lavoro delle donne e alla parità di genere negli ambienti di lavoro incluse le possibilità di l’accesso alle cariche pubbliche.
Prima di analizzare ogni tematica sui diritti delle donne, con un focus sull’ambiente di lavoro, si premette che la parità di genere è presente in pochissimi paesi nel mondo, sei per la precisione come evidenziato in uno studio della Banca Mondiale.
Fatta eccezione per Francia, Belgio, Lussemburgo, Svezia e Danimarca, ogni paese deve ancora fare progressi per il raggiungimento dei pari diritti tra uomo e donna, Italia compresa.
Tabella dei contenuti
Lavoro al femminile
Pur riconoscendo che, soprattutto nei paesi occidentali siano stati fatti molti progressi volti a garantire pieni diritti e opportunità alle donne numerosi studi e ricerche confermano un divario accentuato in ogni campo: nel lavoro, a livello sociale, economico, politico e culturale.
A livello globale i diritti delle donne sono tutelati a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo un documento approvato dalle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948.
I 30 articoli contenuti nella Dichiarazione Universale sanciscono importanti principi a tutela dell’uomo e dei diritti delle donne:
- L’articolo 1 sottolinea che tutti gli esseri umani nascono liberi e con gli stessi diritti e dignità.
- L’articolo 2 evidenzia che i diritti devono essere garantiti indipendentemente dall’etnia, dal genere, dalla religione e dalle idee politiche.
In ambito Europeo la parità dei diritti è sancita nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
La Carta ribadisce la parità dei diritti in ogni campo e altri fondamentali principi di uguaglianza.
Inoltre, il tema dei diritti delle donne è stato oggetto di discussione nel Parlamento Europeo di recente come evidenziato del comunicato stampa del 13 febbraio del 2020.
I deputati europei hanno espressamente sottolineato la promozione di misure volte a tutelare le donne:
- Maggiore partecipazione nel mercato del lavoro;
- Più sostegni all’imprenditoria femminile;
- Eliminare il divario retributivo tra uomini e donne;
- Una giusta divisione delle incombenze domestiche;
- Maggiori possibilità di accesso all’istruzione;
- Maggiore rappresentanza all’interno degli organi decisionali.
Quali sono i diritti delle donne oggi
Rispondere alla domanda: quali sono i diritti delle donne oggi, implica una distinzione tra quanto è sancito e stabilito dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dai Governi e ciò che poi effettivamente avviene in ambito lavorativo, familiare e sociale in genere.
Per quanto concerne l’Italia, il primo testo a cui fare riferimento e sicuramente la Costituzione.
La Costituzione, la legge dello Stato, cosa prevede sul tema dei diritti?
- Eguaglianza davanti alla legge
L’articolo 3 della Costituzione sancisce il principio di pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge indipendentemente dal sesso, razza, religione, idee politiche e condizioni personali.
Rappresenta, quindi, un principio fondamentale che tutela la donna e tutte le persone davanti alla legge quest’ultima deve essere, infatti, uguale per tutti.
- Eguaglianza morale e giuridica dei coniugi
L’articolo 29 della Costituzione riconosce la famiglia come una condizione fondante della società. Una famiglia viene riconosciuta giuridicamente mediante il matrimonio.
Al contrario di quanto avveniva in passato però, oggi i coniugi hanno i medesimi diritti non vi è più, in altre parole, la figura del capofamiglia il quale, fino al 1942 aveva il diritto di imporre la propria volontà sulla moglie e sui figli.
- Protezione della maternità
L’articolo 37 della Costituzione riconosce gli stessi diritti e la stessa retribuzione in ambito lavorativo tra uomo e donna.
Inoltre, la donna madre deve avere la possibilità di assicurare un’adeguata cura al bambino.
Per il suddetto motivo, oltre ad una parità dei diritti, la Costituzione prevede tutele maggiori in caso di maternità per la donna lavoratrice.
- Parità della donna nell’ambiente di lavoro
Sempre l’articolo 37 tutela oltre che la donna madre e lavoratrice in caso di maternità, anche una serie di diritti, ribadendo aspetti quali la parità di retribuzione tra tutti i lavoratori indipendentemente dal genere a parità di ore lavorate.
La norma sancisce altresì come la donna debba essere messa nelle condizioni di poter svolgere il proprio lavoro ma allo stesso tempo deve avere la possibilità sia di svolgere il suo ruolo di madre sia di svolgere attività che non possano mettere in pericolo la gravidanza.
I diritti delle donne in fase di colloquio di lavoro?
Come abbiamo visto, i diritti delle donne sanciti dalla Costituzione sono presenti e implicano aspetti quali la parità retributiva e il diritto alla maternità.
Il lavoro femminile è un aspetto a cui già i padri costituenti hanno attribuito una fondamentale importanza.
Tuttavia, ancora oggi si evincono disparità nelle retribuzioni e tassi di disoccupazione più elevati tra le donne.
Le donne oggi troppo spesso sono ancora vittime di comportamenti da parte dei datori di lavoro assolutamente inaccettabili.
Troppo spesso si annoverano domande al limite poste già durante la fase di un colloquio di lavoro.
Domande quali: Sei sposata? Hai figli o hai intenzione di averli? Denotano da subito un certo timore che la donna in un futuro possa assentarsi in caso di maternità. Ma non è tutto.
Sono piuttosto comuni, altresì, domande riguardo l’abbigliamento fino ad arrivare a vere e proprie richieste indecenti e domande imbarazzanti.
I suddetti episodi sono la realtà e si verificano continuamente in sede di colloquio di lavoro.
In passato era comune la prassi di far firmare alle lavoratrici al momento dell’assunzione una lettera di dimissioni in bianco che sarebbe stata poi utilizzata in caso di maternità della lavoratrice, così da evitare il licenziamento.
Tale prassi, oggi non è più consentita grazie alle nuove modalità di presentazione delle dimissioni introdotte grazie al Jobs Act.
Le dimissioni dal 2015 possono essere presentate esclusivamente in via telematica e ciò ha garantito maggiori tutele anche al lavoro femminile.
Tornando al colloquio di lavoro, è bene specificare che come riportato nel Codice delle Pari Opportunità, il datore di lavoro o il selezionatore del personale non ha alcun diritto di fare domande private che non hanno attinenza con la professione lavorativa.
Il Codice, infatti, vieta qualsiasi tipo di discriminazione messa in atto come conseguenza dello stato matrimoniale.
Donna in stato interessante: quali tutele al lavoro?
In tema di lavoro femminile, le tutele per la donna sono presenti dalla fase di gravidanza.
La donna ha diritto a chiedere un permesso retribuito per assentarsi dal lavoro così da poter effettuare visite, esami ed accertamenti medici.
Inoltre, la donna non può continuare a svolgere la mansione lavorativa qualora questa richieda uno sforzo fisico come sollevamento o trasporto pesi.
È compito del datore di lavoro, in caso la donna svolga un lavoro pesante, destinarla, durante il periodo della gravidanza, a mansioni più leggere.
Inoltre, per tutto il periodo di gravidanza, se la donna svolge un lavoro su turni diurni e notturni quest’ultimi non devono più esserle assegnati così da consentirle di riposare la sera e preservare la gravidanza.
Congedo di maternità: cos’è e cosa determina?
Il congedo di maternità è uno degli strumenti più evoluti che permettono alla lavoratrice in stato di gravidanza di assentarsi dal lavoro.
La procedura viene attivata direttamente in via telematica collegandosi al portale dell’INPS nell’apposita pagina dedicata.
Il congedo di maternità è previsto per legge dal decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001.
Il decreto vieta espressamente al datore di lavoro di assegnare mansioni alla lavoratrice durante il periodo del congedo.
Per quanto riguarda le lavoratrici autonome e iscritte alla Gestione Separata, queste possono facoltativamente usufruire del congedo.
In generale, il congedo di maternità si rivolge a tutte le lavoratrici: dipendenti e autonome.
Il periodo di assenza dal lavoro è esercitato dalla donna due mesi prima della data prevista per il parto e si estende per i tre mesi successivi al parto.
Dal 2019 le lavoratrici possono gestire in base alle proprie esigenze il periodo di congedo e, di conseguenza, possono usufruirvi anche direttamente dopo il parto.
Il permesso per allattamento: quali i tempi e le modalità?
Le mamme lavoratrici hanno diritti ad un permesso per l’allattamento. I tempi e le modalità dipendono dal tipo di contratto di lavoro.
Per quanto riguarda le lavoratrici subordinate sia a tempo determinato che indeterminato, la normativa prevede due periodi di pausa della durata di un’ora da dedicare all’allattamento del bambino fino al primo anno di vita di quest’ultimo.
Se il figlio è all’interno di un asilo nido aziendale o in una struttura nelle vicinanze della sede lavorativa allora la pausa è di mezz’ora.
Il tempo è raddoppiato (due ore) in caso di parto gemellare.
Il permesso per l’allattamento è previsto anche per la lavoratrice part-time e la durata è la medesima. Tuttavia, qualora la mamma lavori per meno di sei ore al giorno ha diritto ad una sola pausa invece di due.
Parità nella vita politica
Storicamente in Italia il primo passo verso una parità a livello politico tra uomini e donna è stato compiuto nel 1945 grazie al suffragio universale.
Il suffragio universale ha permesso a tutti i cittadini maggiorenni di poter esercitare il diritto al voto e di poter partecipare attivamente alle elezioni politiche.
Avere il diritto al voto e la possibilità di ricoprire cariche pubbliche, tuttavia, non significa aver raggiunto una parità nella vita politica.
Vi è infatti una profonda differenza tra l’elettorato attivo cioè la capacità giuridica e il riconoscimento della possibilità di poter recarsi alle urne e l’elettorato passivo la possibilità cioè di ricoprire le cariche elettive.
Sebbene l’articolo 51 della Costituzione garantisca a tutti i cittadini la possibilità di ricoprire cariche elettive come vedremo la percentuale di donne nelle istituzioni è ancora lontana dall’essere pari a quella degli uomini.
La parità si misura considerando numerosi aspetti quali la rappresentanza femminile a livello comunale, regionale, nazionale ed europeo.
In Italia come confermato dal documento: “La partecipazione delle donne alla vita politica e istituzionale” sono sempre più il numero delle parlamentari.
Nell’ultima e attuale legislatura (XVIII) la percentuale di donne in parlamento è del 35%, un dato quest’ultimo che, sebbene sia lontano da una perfetta parità, risulta superiore alla media Ue-27.
Eccezion fatta per il parlamento, si evidenzia che nessuna donna in Italia ha mai ricoperto la carica di Capo dello Stato o di Presidente del Consiglio.
Mentre, Nilde Iotti, Irene Pivetti e Laura Boldrini sono le uniche tre donne ad essere state Presidente della Camera e Maria Casellati risulta l’attuale e l’unica donna mai eletta alla Presidenza del Senato.
Per quanto riguarda le donne Ministre, l’attuale legislatura ne conta 7 meno del 35%.
Passando al Parlamento Europeo anche in questo caso la rappresentanza femminile risulta in crescita. Le ultime elezioni del 2019 hanno visto elette 30 donne pari al 41,1% dei seggi riservati all’Italia.
A livello regionale, invece, il numero di donne è inferiore alla media UE (17,7%) ma risulta più alto a livello comunale e in linea con la media UE (32,6%)
Parità di accesso alle cariche pubbliche
La parità di accesso alle cariche pubbliche è un tema molto sentito a livello Europeo. In particolare, si può fare riferimento all’atto 2111(2016).
Il Consiglio d’Europa ha invitato gli Stati Membri a adottare misure volte a incrementare la presenza delle donne in politica:
- Introducendo il principio di parità nella Costituzione;
- Prevedendo quote riservate alle donne;
- Formando liste elettorali che prevedano la parità di genere;
- Agevolando le donne a reperire i fondi per le campagne elettorali;
- Prevedendo corsi di formazione e fondi per sensibilizzare la popolazione sul tema;
- Destinando fondi pubblici alla pari rappresentanza.
L’Italia ha accolto l’invito emesso dal Consiglio d’Europa, introducendo negli anni numerose misure volte a promuovere la parità di accesso alle cariche pubbliche.
Nello specifico si annoverano numerosi interventi volti a rendere effettivamente rispettato l’articolo 51 della Costituzione oltre che interventi legislativi riservati alle pari opportunità a tutti i livelli: dai comuni al parlamento europeo.
Ad esempio,
- il sistema elettorale del parlamento italiano prevede specifiche disposizioni a tutela della rappresentanza di genere.
- All’interno dei consigli regionali vi sono strumenti quali le liste bloccate, i collegi uninominali e le liste con preferenze, ognuno dei quali prevede misure volte a garantire la parità di accesso alle cariche pubbliche.
I diritti delle donne nel passato
La società occidentale odierna come visto finora nonostante non sia ancora riuscita a garantire una perfetta parità tra i generi, negli anni ha implementato numerose tutele volte al raggiungimento delle pari opportunità.
Un impegno che segna un evidente solco con quanto avveniva in un passato neanche troppo remoto.
La donna in ogni epoca, ad eccezione di brevi parentesi, ha sempre subito discriminazioni sotto tutti i punti di vista: giuridico, economico e civile.
Nell’antica Grecia, la donna veniva considerata inferiore e completamente dipendente dalla volontà del padre e successivamente del marito.
Stessa sorte durante l’epoca romana, il cui unico ruolo della donna era quello di occuparsi della famiglia, dei figli e della casa.
Alcuni cambiamenti si iniziano ad intravedere durante il Medioevo, periodo nel quale la donna, generalizzando, veniva considerata o come una creatura angelica oppure come una strega maligna.
Nel Medioevo la donna è considerata quindi o come il bene assoluto o il male assoluto ma comunque deve sottostare alla volontà del capo famiglia.
Un primo cambiamento nella condizione della donna avviene durante la Rivoluzione Francese. Napoleone consentì alle donne di gestire autonomamente un’attività commerciale e inoltre, furono garantite loro alcuni diritti nella divisione dell’eredità.
Come visto finora, la rivendicazione e l’ottenimento dei diritti da parte delle donne è un processo che si può dire inizi tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento quando i movimenti di genere iniziarono a gran voce a richiedere una parità di genere.
È il lavoro e l’industrializzazione a permettere, a cavallo tra le due guerre, alla donna di venir riconosciuto il suo ruolo fondamentale nella società e fu così che nel 1946 grazie al suffragio universale la donna inizia pian piano ad ottenere i primi e giusti diritti.
Diritti delle donne nel mondo
In questo articolo ci siamo concentrati principalmente sul lavoro femminile, le pari opportunità e i diritti delle donne in Italia e in Europa.
I progressi fatti negli anni, tuttavia, è errato pensarli come passi avanti compiuti in tutto il mondo.
Molti paesi nel mondo oggi, infatti, non solo non garantiscono diritti alle donne, ma risultano a tutti gli effetti luoghi pericolosi.
Come confermato dal report Women, Peace and Security Index, in nazioni quali: Afghanistan, Sud Sudan, Iraq, gli episodi di violenza subite dalle donne sono piuttosto comuni e sono subiti da quasi il 50% delle donne.
In Paesi quali ad esempio: Mali e Senegal le donne hanno poche o nulle possibilità di accesso all’istruzione e, di conseguenza, una molto limitata rappresentanza nelle istituzioni un aspetto presente anche in stati quali: Georgia, Indonesia, Ucraina.
In generale, appare evidente che, eccezion fatta per il mondo occidentale dove con tutti i limiti le donne stanno piano piano migliorando l’accesso al mondo di lavoro e godono di diritti riconosciuti a più livelli, nel mondo numerosi paesi vivono in uno stato di profonda arretratezza.
I dati statistici sul lavoro femminile in Italia
I progressi in tema di lavoro femminile e opportunità in Italia e in Europa, tuttavia, rischiano di essere messi in discussione da quando il mondo sta subendo la pandemia causata dal Covid-19.
La conseguente crisi economica portata dal virus ha comportato un drastico calo del tasso di occupazione e come evidenziato dallo studio: “Ripartire dalla risorsa donna” il secondo trimestre del 2020 ha causato un calo nel numero delle lavoratrici di 470 mila unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Tra i posti di lavoro persi durante l’ultimo periodo, sono le donne a risultare più colpite, sia per un calo dei contratti a termine sia perché i settori più colpiti dalla pandemia risultano quelli che vedono un numero maggiore di donne impiegate (ristorazione e assistenza domestica).
I dati statistici sul lavoro femminile in Europa
La situazione pandemica sta dunque portando una progressiva perdita di posti di lavoro soprattutto in settori nei quali le donne erano in maggioranza.
Una situazione che si riscontra anche in Europa, come evidenziato dall’ILO, i posti di lavoro persi stanno colpendo duramente le donne.
Il rischio è che tutti i piccoli progressi fatti negli ultimi decenni nell’ambito delle pari opportunità lavorative possano andare dispersi a causa della pandemia.
Desta particolare preoccupazione il dato inerente all’occupazione femminile giovanile, già elevato in molti stati in Europa, ma che oggi risulta in ulteriore aumento.
In conclusione, l’ILO evidenzia la necessità di misure volte a tutelare le giovani donne e in generale i giovani cercando di evitare loro di ritrovarsi esclusi dal mercato del lavoro.
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