Donne, lavoro e figli
Donne, lavoro e figli, sono tre condizioni che insieme invece di essere tutelate sono penalizzare.
Le donne lavoratrici con figli infatti, analizzando i dati, percepiscono un salario più basso rispetto ad altre categorie di lavoratori.
Le differenze salariali che subisce una donna con figli sono evidenti in Italia e all’estero. Tanto che esiste un’espressione inglese per definire il fenomeno: child penalties.
Donne, lavoro e figli: un tema cruciale
La seconda metà del XX secolo ha indubbiamente migliorato la situazione complessiva in tema di diritti e opportunità delle donne nel mondo del lavoro.
Il livello di istruzione è più alto così come lo è il tasso di partecipazione nel mercato del lavoro.
Tuttavia, i progressi fatti nell’ambito dell’uguaglianza tra i generi sono in progressivo rallentamento così come analizzato da Blau e Kahn in: The Gender Wage Gap.
I tutti i paesi del mondo le differenze persistono: le donne lavoratrici sono significativamente meno rispetto agli uomini e, a parità di ore lavorate, il salario percepito è minore.
Ad aumentare le disuguaglianze tra i generi, evidenze dimostrano che, gioca un ruolo determinante la maternità o più precisamente tutto il periodo che intercorre tra la nascita del bambino fino al compimento dei 20 anni dello stesso.
In altre parole, come confermato dallo studio di Kleven (2019) et all: CHILD PENALTIES ACROSS COUNTRIES: EVIDENCE AND EXPLANATIONS avere uno o più figli penalizza la donna sotto molteplici profili.
Child penalty: dati a confronto
Lo studio di Kleven et all, mette in luce come l’essere donna con figli comporta una tutta una serie di svantaggi economici, e non solo, per le lavoratrici.
Per altro, lo studio ha analizzato la situazione in paesi (Svezia, Danimarca, Germania, Regno Unito, USA e Austria) dove la disparità tra i generi non è così evidente come in altri.
Il child penalty, tradotto in numeri, comporta alle donne un calo dei guadagni, dopo la nascita del primo figlio, pari al 30% in Danimarca e pari al 60% in Svezia.
In entrambi i paesi scandinavi la suddetta percentuale tende a ridursi dopo dieci anni dalla nascita del figlio, pur rimanendo elevata: 20-25%.
Il child penalty, inoltre, è più elevato se si analizzano paesi come Usa e Regno Unito dove la differenza di reddito percepito tra uomo e donna dopo la nascita del primo figlio si allarga arrivando fino al 44%, per non parlare della Germania (fino al 61%).
Child penalty in Italia
In Italia la situazione segue quanto si verifica nei paesi analizzati nel paragrafo precedente. Una ricerca de: “Lavoce.info” prendendo come campione d’analisi i dati Inps evidenzia che: dopo 15 anni dalla nascita del bambino, la donna ha, in media, un salario lordo di oltre 5.500 EUR inferiore rispetto ad una donna che non ha figli.
In percentuale significa che le donne con figli riescono a guadagnare meno del 53% rispetto ad una donna senza figli.
Lo stipendio più basso si spiega anche dal fatto che le donne con figli lavorano circa 11 settimane in meno l’anno rispetto le donne senza figli.
Inoltre, il numero di contratti part-time nelle donne con figli è tre volte superiori rispetto alle lavoratrici senza figli.
Si evidenzia, altresì, che tale penalità colpisce solo le mamme e non i papà. Ciò probabilmente è dovuto ad aspetti culturali che ancora spingono le famiglie a spostare il carico della cura dei bambini principalmente sulla donna.
In tal senso si evidenzia la presenza di numerose politiche a livello Comunitario e nazionale volte a ridurre il child penalty.
La legge di bilancio 2020, ad esempio, ha allargato la platea delle famiglie beneficiarie degli asili gratuiti.
In conclusione, sono necessari ancora dei passi avanti verso il raggiungimento dell’effettiva parità uomo donna.
L’emergenza coronavirus e la conseguente chiusura delle scuole stanno influendo negativamente sulle donne le quali hanno bisogno, in questo periodo particolare, di maggiori interventi al fine di non perdere quei pochi e faticosi progressi che l’Italia ha fatto in tema di parità dei diritti negli ultimi trent’anni.
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