Lavori senza candidati
Sembra quasi paradossale da dire, ma si sta assistendo ad un fenomeno bizzaro nel mondo del lavoro odierno. Si tratta di quello dei molti posti di lavoro che denunciano una mancanza quasi cronica di candidati, con aziende grandi, ma anche medie e piccole imprese, in difficoltà nel trovare i giusti profili professionali cui affidare importanti mansioni ai fini dello sviluppo aziendale.
I motivi di questa tendenza sempre più dannosa e difficile da arginare sono molti, ma sicuramente la radice di questi mali arriva dalla carente pianificazione formativa e scolastica che l’Italia ha evidenziato negli ultimi decenni.
Vediamo allora di esaminare alcune delle carenze, per trovare anche la giusta soluzione e dare qualche consiglio a chi si mette alla ricerca di un lavoro.
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Carenze di formazione e competenze sbagliate
La prima tendenza evidente è quella di una distanza notevole tra la domanda di mercato e quanto offre la macchina della formazione scolastica ed universitaria. Si vedono al giorno d’oggi sempre più esempi di head hunter che lamentano un gap enorme tra quanto viene loro richiesto e quello che riescono a racimolare nel bacino dei potenziali candidati. Ma la situazione si sviluppa su due facce della stessa medaglia. Anche per lavori meno qualificati ci si trova in situazioni di stallo, dovute alla sovraistuzione di molti dei potenziali nuovi assunti. Una fotografia che rimanda ad una situazione di notevole difficoltà, dove è sempre più evidente la mancanza di orientamento alla formazione che hanno patito i giovani negli ultimi decenni.
Infatti sembra proprio che molti ragazzi siano compresi in un limbo dalla quale sia difficile uscire, con competenze specifiche in settori ormai saturi e senza sbocchi, che li rendono sovraistruiti per le mansioni meno qualificate, e impreparati per quelle più specializzate.
Gli esempi sono molteplici e non lasciano spazio a molte interpretazioni.
La sovraistuzione
Come detto quello della sovraistuzione è un nodo critico della difficoltà nel reperire personale. Questo fenomeno con il tempo ha dato vita ad abberrazioni lavorative che hanno fatto scuola, come ad esempio la grande presenza di laureati nei call center, che sono oramai portati ad esempio per questo tipo di problematica.
Per fare un altro esempio pratico basta guardare ad alcune eccellenze italiane, che rischiano di andare in grave sofferenza a causa della mancanza di una formazione adeguata alla mansione: stiamo parlando dei distretti della pelletteria in Toscana e del tessile in Piemonte.
In queste due regioni la tendenza è marcata e non accenna a diminuire, con gravi ripercussioni sulla realtà produttiva, che se non ancora visibili, potrebbero però farsi sentire pesantemente nei prossimi anni.
La mancanza di addetti specializzati nella lavorazione della pelle, o della materia tessile, non trova il giusto riscontro nei percorsi di studio scelti dai ragazzi. Infatti le iscrizioni ai licei continuano ad aumentare, mentre la frequentazione delle scuole professionali diminuisce sempre di più facendo registrare un calo di quasi 5 punti percentuali nell’ultimo periodo (dal 19,14% del 2014 al 14,68% del 2019). Questa situazione si trascina alcuni problemi operativi per le aziende, primo fra tutti quello di doversi sostituire alla scuola per la formazione professionale dei lavoratori di domani. In secondo luogo, costringe nella maggior parte dei casi a fare buon viso a cattivo gioco, dovendo forzatamente assumere personale sovra-istruito. Un dato emblematico di questa tendenza è dimostrato dalle stesse imprese che nel triennio 2014-2016 ha dichiarato di aver assunto personale con eccesso di istruzione nel 31,6% dei casi, con un picco di oltre il 34% se il candidato ha meno di 29 anni.
Competenze sbagliate
L’altra faccia della medaglia presenta il conto di una serie di politiche di orientamento al lavoro completamente fallite con il tempo. In pratica vengono formate troppe competenze inutili, di cui il mercato ha già fatto ampio utilizzo fino a saturare la richiesta. Molti giovani, malamente orientati dalle istituzioni scolastiche, hanno invece continuato ad inondare le università in alcuni corsi super infalzionati, creando come conseguenza un tappo nel mercato del lavoro e le aberrazioni occupazionali di cui abbiamo accennato in precedenza.
La situazione adesso vede le aziende in difficoltà nel reperire figure molto qualificate e preparate in ambiti molto specifici, come quello dell’informatica e delle nuove professioni digitali. Esempi emblematici della tendenza sono alcune difficoltà nel reperire analisti e progettisti di software (addirittura nel 60% dei casi) o elettrotecnici o tecnici programmatori che non si trovano nel 57% dei casi.
Gap tra domanda e offerta
Scatta quindi l’allarme per il gap consistente che va delineandosi tra domanda e offerta di lavoro. Siamo nella situazione in cui in Italia non manca il lavoro, ma è carente tutto quello che viene prima dell’ingresso nel mondo del lavoro, con aziende e apparato scolastico che in questi anni non hanno saputo dialogare in maniera proficua per sfornare i giusti talenti del domani.
Un rapporto di Unioncamere del 2018 (rapporto Excelsior) dimostra in maniera evidente come la situazione di disallineamento sia difficile da arginare: delle oltre 4 milioni di assunzioni previste su scala nazionale in tutto il 2018, nel 26% dei casi è stato difficile trovare un profilo adeguato alla richiesta. Un dato allarmante e in ascesa, se contiamo che ha fatto registrare un aumento del 5% rispetto al 2017. Questo per quello che riguarada soprattutto le nuove occupazioni del futuro, ma la grande difficoltà nei prossimi anni si rischia di toccarla con mano in settori come quello del commercio e del turismo, che sono destinati a raccogliere oltre il 25% dei nuovi assunti. Qui il problema sarà quello precedentemente affrontato della sovra-istruzione, con l’obbligo per le imprese di ristorazione o del turismo di assumere laureati (solitamente in materie di stampo umanistico) per le mansioni di cameriere o cuoco.
Gap occupazionale nella sanità
Capitolo leggermente distaccato merita la situazione della sanità. In questi anni si è accentuata una tendenza che vede la mancanza cronica di personale medico negli ospedali italiani, tanto da costringere alcune regioni come Veneto e Molise ad assumere a tempo determinato dottori già in pensione per ovviare al problema almeno momentaneamente. Una situazione che con il processo dei pensionamenti (aggravato dall’applicazione di quota 100) porterà ad una situazione vicina al collasso già nel 2025 secondo le stime del sindacato dei medici ANAAO Assomed. Per quella data sono previsti infatti circa 16.700 medici specialisti in meno in tutta Italia, con situazioni particolarmente critiche in regioni come la Sicilia (2.250 medici mancanti nel 2025), il Piemonte (2.000 unità) la Lombardia (1.900 unità) La Toscana e la Puglia (1.700 unità). L’abolizione di rigidi tetti di spesa per le regioni riguardo la sanità, con l’articolo 11 del decreto Calabria, ha provato a dare un primo impulso per la risoluzione del problema, che appare però ancora distante, richiedendo dunque uno sforzo sinergico tra il ministero della sanità e dell’istruzione per provare ad arginare la tendenza.
Consigli per sfruttare il gap occupazionale
La fotografia della situazione è impietosa al momento, ma va letta soprattutto dal lato delle imprese e delle aziende che non trovano soddisfatta la loro richiesta di personale formato. Per chi è alla ricerca di lavoro questa invece potrebbe trasformarsi in una gigantesca opportunità, per entrare nel mondo dell’impiego dalla porta principale, riuscendo a posizionarsi in una nicchia di domanda che potrebbe essere molto profittevole, sia come stabilità lavorativa che come retribuzione.
I consigli sono abbastanza semplici, ma se fossero così scontati non ci sarebbe la situazione appena descritta.
Ovviamente per i più giovani è consigliato affrontare con la massima attenzione e serietà il momento dell’orientamento, a partire dal ciclo di studi secondario (quello delle superiori per intenderci), per evitare di imboccare una strada formativa che ad un certo punto è inevitabilmente destinata a chiudersi.
Attenzione quindi a non sottovalutare la frequentazione degli istituti professionali, utili per formare professionalità che come abbiamo visto saranno comunque ampiamente richieste negli anni a venire.
Se si vuole imboccare la strada della specializzazione invece, è bene farlo essendo ben coscienti che questa deve essere molto specifica e orientata verso le nuove tecnologie. Avere una cartina che possa presentarci l’atlante delle nuove professioni digitali (lo trovi qui), è utile per immaginare quale potrebbe essere il proprio lavoro del futuro, e per affrontare nel migliore dei modi l’enorme cambiamento dinamico in atto nel mondo del lavoro. Infatti, se pensiamo che l’economia tradizionale, come l’abbiamo sempre conosciuta, occupa il 60% del mondo occupazionale, dobbiamo anche immaginare che questa è destinata a diventare marginale nel giro di pochi anni, soppiantata da quella che viene chiamata la new economy dell’industria 4.0. In questo immediato futuro la domanda di lavoro sarà prevalentemente basata sulla richiesta di high skills, cioè quelle competenze molto specifiche, che saranno necessarie specialmente nelle aree delle data science, quindi analisi predittive del mercato, machine learning e intelligenza artificiale.
Lo stesso discorso vale anche per i meno giovani, che possono comunque correggere la loro formazione passata, sfruttando le iniziative per la riqualificazione già introdotte da alcuni piani regionali e messe in atto da alcune aziende impegnate a formare le competenze del futuro.
La parola d’ordine per il futuro del lavoro sarà quindi quella della chiarezza. Chiarezza di un percorso fin dall’inizio, scegliendo le migliori nicchie per la propria propensione lavorativa e specializzandosi per trovare sempre l’occupazione più adatta ad ognuno.
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