Le origini della parola lavoro
Il lavoro è il tema cardine di questo blog, i nostri articoli forniscono una panoramica completa sul tema, offrendo gli strumenti necessari per trovarlo o cambiarlo, mantenendo sempre uno sguardo all’evoluzione del lavoro partendo dal passato, passando per il presente, e prevedendo i modi e le forme in cui si evolverà.
In questo articolo, la parola lavoro viene analizzata dal punto di vista dell’etimologia, ricorrendo alle origini del termine latino labor, esplorando la metamorfosi di un concetto che si muove in uno spazio vario e contrastante, assumendo concezioni diverse di volta in volta.
Tabella dei contenuti
La metamorfosi di un concetto
Enzo Rutigliano è stato professore ordinario di Storia del pensiero sociologico presso l’Università di Trento, autore di numerosi libri tra cui si ricorda: “Sociologi, Uomini e problemi” (1990) e “Teorie sociologiche classiche” (2001), oltre che autore di numerose pubblicazioni e articoli tra cui: “Max Weber come Nichilista Relativo” (1981) e “Canetti, Levi: la Metamorfosi nel Lager. Il Comportamento umano in situazioni estreme” (1998).
Rutigliano ripercorre il significato e la metamorfosi del concetto di lavoro in: “Lavoro: appunti per la metamorfosi di un concetto”, pubblicato il 1° dicembre 2011.
L’autore, parte dall’etimologia del concetto di lavoro, riprendendo la definizione riportata dall’Enciclopedia Einaudi.
Il “lavoro” in italiano, labour in inglese, travail in francese, trabajo in spagnolo, arbeit in tedesco, derivano tutti dal latino labor, in latino significa “pena”, “sforzo”, “fatica”, “sofferenza”, che a sua volta prende origine dal greco nόνος.
Nella Francia del 1120, il termine labeur era soprattutto associato alle attività agricole, assume il significato di: “chi coltiva la terra”.
Nel XII secolo è presente anche il termine ouvrier dal latino operaius “uomo di pena”, che indica i concetti di “opera” e “impegno”.
Dal XV secolo, la parola travail assume il significato moderno inteso come “opera da fare”.
Il primo significato tuttavia, risale al periodo Classico quella fase storica che parte dal I secolo a.C. con Augusto e termina nel III secolo d.C. con la fine della dinastia dei Severi.
Nella Bibbia, il lavoro ha il significato di pena e maledizione causato dal peccato commesso da Adamo ed Eva, rei di aver assaporato la mela, il frutto della conoscenza. L’idea di lavoro come castigo dovuto all’ambizione di conoscenza è presente anche nel mondo greco, nel celebre episodio che narra l’incontro di Ulisse con le sirene che rappresentano la conoscenza.
Il lavoro come attività manuale e faticosa contrapposta alla conoscenza è reso evidente anche analizzando i termini latini otium e labor, dove il significato di ozio rappresenta quelle attività intellettuali come l’arte o la politica, ma anche esercizi fisici, a condizione però che siano destinati alle attività ginniche o marziali. Il concetto di labor ha al contrario, evidente il significato di disprezzo per la fatica, riprendendo il concetto greco di Aristotele che spera nel progresso tecnologico come strumento per lenire gli sforzi.
L’idea di disprezzo associata al lavoro rimane durante tutto il Medioevo, dove era riconosciuta la divisione tra la vita contemplativa, rappresentata dallo stato ecclesiastico e vita activa che comprendeva le attività pratiche, cioè il lavoro. L’unica eccezione al concetto è costituita dalla nota espressione di San Benedetto, ora et lavora, dove il lavoro viene inteso come un’opera che porta alla creazione e alla preghiera.
Tra la fine del 1400 e primi del 1500, con Martìn Lutero, teologo e accademico tedesco, riformatore religioso e precursore del protestantesimo, il lavoro diventa vocazione, dal tedesco Beruf che significa contemporaneamente vocazione, chiamata, dovere, lavoro come dovere. Il lavoro diviene così un punto cardine dell’esistenza, lavorare è inteso come mettersi al servizio di Dio, e l’ozio assume un’accezione negativa e contro natura.
È durante il Rinascimento, che il lavoro diviene un mezzo per la realizzazione di sé stessi, iniziando ad assumere un significato affine ai giorni nostri.
Successivamente a metà 1800, il filosofo, economista e storico tedesco Karl Marx e il filosofo e teologo tedesco, Friedrich Hegel, intendono il lavoro con un doppio significato, da un lato rappresenta un’attività specifica dell’uomo che lo differenzia dagli animali, che permette di conoscere la realtà, dall’altro, il lavoro è una condizione imposta dal capitalismo, che porta schiavitù e alienazione. È durante questo periodo che il lavoro, passa da una concezione religiosa ad una filosofica, tramutandosi con il passare del tempo ad uno strumento finalizzato al consumo e al godimento del tempo libero.
Se durante l’Ottocento e il Novecento il lavoratore, assume un ruolo definito, dove la retribuzione diviene uno strumento per l’autorealizzazione, a cavallo del nuovo millennio, la globalizzazione e l’organizzazione del lavoro subisce profonde mutazioni nella definizione, nei tempi e nelle relazioni.
Sinonimi, origini e significati
Per lavoro oggi si intendono le energie rivolte al fine di perseguire uno scopo, in particolare nell’esercizio di un mestiere. Nonostante la radice della parola lavoro abbia origini dall’accezione negativa dal latino labor (fatica), con il passare del tempo il lavoro ha assunto una connotazione positiva, divenendo ai giorni nostri uno strumento per l’autorealizzazione.
La Costituzione della Repubblica Italiana richiama in diversi articoli il tema del lavoro, in particolare all’articolo 1 definisce:”L’Italia una repubblica democratica fondata dal lavoro”; all’articolo 4 “riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”; l’articolo 35 “tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”.
Inerenti alla parola lavoro sono diversi i termini oggi utilizzati dalla lingua italiana che richiamano il medesimo concetto seppur con accezioni e origini differenti:
Origini della parola mestiere: In un articolo per il Fatto Quotidiano, lo psicologo e psicoterapeuta Mario De Maglie, si interroga sulla differenza tra lavoro e mestiere.
Mestiere deriva dal latino “ministerium” sostantivo neutro, significa “servizio”, “funzione”, “compito”, “incarico” o “impiego”. La definizione rimanda all’attività compiuta in maniera manuale, all’esercizio cioè di un’arte manuale.
Il mestiere come specificato da De Maglie, contiene nel suo significato l’idea dell’apprendimento, in comune con il lavoro, ha la necessità di generare un profitto, tuttavia il lavoro è strettamente legato al denaro, il mestiere è inteso in senso ampio, contemplando anche gli aspetti di creatività e potenzialità mettendo la persona al centro.
Origini della parola professione: il termine deriva dal latino professus, cioè che “ha dichiarato apertamente”, da profiteri, pro – davanti, fateri – parlare. Professione a differenza di mestiere ha un riferimento agli ordini professionali. È un modo elevato di svolgere un lavoro, verso il progresso materiale e spirituale.
Origini della parola occupazione: deriva dal latino occupatio -onis. L’utilizzo principale indica una “presa di possesso”, e solo secondariamente è riferito ad un impegno, un’attività o una faccenda. In italiano è intesa per riferirsi al lavoro in senso lato, definita come un’attività o faccenda che tiene occupato il proprio tempo. Non è quindi legata, né ad uno stipendio né ad un ordine professionale o attività specifica.
Strettamente legati alla parola lavoro, risulta altresì interessante la diversa etimologia di stipendio e salario.
Origini della parola salario: deriva dal latino salarium, razione di sale. Il termine salario utilizzato oggi richiama il fatto che nell’antica Roma, parte dello stipendio fosse costituito da una razione di sale, un tempo raro e prezioso.
Origini della parola stipendio: sinonimo di salario ma deriva dal latino mercede, paga militare, composto da stips (offerta, contributo) e pendĕre (pagare).
Le origini delle parole inglesi: work e job
In un articolo per il quotidiano inglese The Guardian, Jeremy Seabrook , autore e giornalista specializzato in tematiche sociali e ambientali, analizza le radici della parola inglese “work”.
Nell’articolo, l’autore, spiega che nell’era moderna la povertà è associata alla disoccupazione e all’assenza di lavoro. Storicamente, le prime leggi a rimedio alla povertà sono state indirizzate verso la creazione di posti di lavoro.
Tuttavia, il lavoro non sempre ha rappresentato un rimedio contro la povertà. È provato che molti uomini infatti lavorano durante non riuscendo però a garantirsi niente altro che una semplice sussistenza.
L’etimologia di tutte le parole europee associate al lavoro, sono riconducibili alla pena, alla costrizione, allo sforzo e alla fatica. La traduzione di lavoro in lingua francese, travail, e trabajo in spagnolo, derivano dal latino, torturare, infliggere sofferenza o agonia. Arbeit in tedesco, richiama la difficoltà, lo sforzo e la sofferenza, ed è affine alla parola slava rabota (lavoro) da cui deriva il termine robot in inglese, ad indicare cioè un lavoro forzato, da servo.
La parola inglese “work” ha una radice indo-europea, deriva da ergon che dal greco significa “atto o azione”, e dal latino urgere cioè premere, opprimere, costringere. È altresì affine al gotico wrikan “perseguitare” e all’inglese antico wrecan. Quindi nella parola work il richiamo ad un sentimento di violenza c’è ma è nascosto, palesandosi distintamente nei termini wreaking havoc o vengeance “scatenare caos o vendetta”.
Il lavoro inteso come work era quindi una punizione che non garantiva né benessere né un sostentamento sicuro.
La parola inglese “job” è stata dettagliatamente analizzata in un articolo per “The Norwegian American (NA)”, un giornale che pubblica articoli forniti da scrittori norvegesi per la comunità norvegese in America.
Il giornalista M. Michael Brady, nell’articolo pone l’attenzione sulla parola inglese “job” come questa sia originata dal nome norvegese jobb (lavoro) e dal corrispondente verbo jobbe (lavorare). Tuttavia, l’origine sia della parola inglese sia norvegese rimane oscura. Il dizionario inglese Oxford English ritiene plausibile la possibilità che la parola fosse utilizzata in ambito colloquiale prima che apparisse in letteratura.
Si ritiene che la parola “job” tragga le prime origini dal dialetto germanico parlato tra il IV e VIII secolo, dalla parola gobe (un boccone). Ciò è plausibile in quanto originariamente “job” era utilizzato per indicare una parte o un pezzo di un lavoro.
Nel norvegese, la parola lavoro è scritta come jobb, con una “b” in più, in quanto secondo le regole di ortografia norvegese, una doppia consonante segue una vocale corta. Nella lingua inglese invece non è chiaro il rapporto tra “job” e la parola originaria, almeno fino alla metà del XVIII secolo, dove occasionalmente job, veniva scritto con due “b”: jobb.
Le origini della parola russa: rabochiy
La parola russa rabochiy (рабочий) significa lavoro e ha molte corrispondenze con altre lingue slave, come l’ucraino, il bielorusso, il bulgaro, il serbo-croato e lo sloveno. Rabochiy deriva dalla desinenza slava orbota, il cui significato originale è associato ai concetti di “bisogno”, “duro lavoro” e “orfanotrofio”. Il significato trova attinenza con il termine tedesco Arbeit.
La desinenza “-orb” è utilizzata nel russo moderno per indicare uno schiavo, altre ipotesi invece riconducono la desinenza al significato di orfano, piccolo, debole, dal greco ofanos “orfano”.
In che modo la parola “orfano” si è trasformato in “schiavo”? Probabilmente ciò è dovuto al periodo Medioevale, gli orfani infatti, pur di non rimanere senza una dimora spesso accettavano condizioni di lavoro al limite dello schiavismo.
Durante il XVIII la parola rabochiy, perde il suo significato di schiavo, iniziando ad essere utilizzata per indicare diversi processi nel ramo della fisica, della filosofia e del sociale, diventando nel secolo successivo utilizzata per descrivere effettivamente un’attività lavorativa o creativa.
Origine e significato del lavoro, gli articoli pubblicati da SciELO
SciELO (Scientific Electronic Library Online) è un database bibliografico e una biblioteca digitale. È un portale che consente la pubblicazione elettronica di riviste. SciELO è stato creato per venire incontro alle esigenze di comunicazione scientifica dei paesi in via di sviluppo. Offre un valido strumento utile ad aumentare la visibilità e l’accesso alla letteratura scientifica. Nasce in Brasile nel 1997, oggi conta 16 paesi diversi nella sua rete.
In uno studio condotto dai docenti Diana Rebello Neves, Rejane Prevot Nascimento, Mauro Sergio Felix Jr. Fabiano Arruda da Silva, Rui Otávio Bernardes de Andrade, per l’Universidade do Grande Rio (UNIGRANRIO), sono stati analizzati i concetti di lavoro dalle sue origini, mettendo in evidenza i valori che questo rappresenta nell’essere umano.
La configurazione che oggi ha assunto il lavoro, come si è descritto durante i capitoli precedenti, è mutata nel corso dei secoli, partendo da un’accezione negativa, fino ad arrivare ad una concezione multiforme durante l’epoca attuale della globalizzazione.
Al giorno d’oggi si sta gradualmente assistendo ad una progressiva diminuzione dei lavori a tempo indeterminato, e alla comparsa di nuove forme organizzative e tecnologie. La creazione di nuovi concetti associati al lavoro è dovuta a diversi interessi economici, ideologici e politici. (Borges, 1999). In questo senso, i cambiamenti che il lavoro ha subito nel corso della storia, hanno coinvolto la soggettività e l’identità degli individui, condizionando i modi di vivere.
Il lavoro per l’uomo è un’attività complessa, per essere compresa richiede di essere analizzata da diversi punti di vista. Coutinho (2009) afferma che quando parliamo di lavoro ci riferiamo ad un’attività umana, individuale o collettiva, che ha una struttura sociale complessa, dinamica e mutevole, che differisce da qualsiasi altro tipo di attività animale, grazie alla natura riflessiva, consapevole, intenzionale, strategica, strumentale e morale. Marx (1883) fu il primo a sostenere l’idea di lavoro come attività, pianificata e consapevole che differenza gli uomini dagli animali.
Blanch (2003) contrariamente alla visione del lavoro come fonte di soddisfazione e auto realizzazione, considera il lavoro come una maledizione, una punizione e una forma di coercizione. In questo senso Marx (1883), intende il capitalismo come strumento che non permette di far emergere le caratteristiche umane, portando all’alienazione. Il capitalismo rimuove il senso di libertà, l’uomo infatti deve vendere la sua fatica per sopravvivere. Il lavoratore dipendente non ha alcun controllo su quello che produce né sulla gestione dei processi che sono concentrati nelle mani di pochi.
Quindi, in un sistema capitalista il lavoro diviene uno strumento che permette alle classi operaie la mera sopravvivenza e alla classe dirigente di accumulare risorse.
L’idea neoliberista ha portato la società moderna a vivere in un contesto di insicurezza psicosociale dovuta all’eventualità di perdere il lavoro, causando stress e corrodendo il carattere. (Ovejero,2010). Inoltre, questi sentimenti portano ad indebolire le relazioni sociali, compromettendo l’autostima. Questi aspetti probabilmente sono la causa dell’aumento del numero di lavoratori inclini allo stress (SENNETT, 2009).
La parola lavoro, intesa oggi come un’attività, retribuita, creativa o produttiva svolta con uno scopo ben preciso, è il frutto di una lunga evoluzione.
L’introduzione di nuove tecnologie informatiche e per l’automazione al fine di migliorare la produttività, suggeriscono di iniziare a pensare ad un nuovo paradigma che ridefinisca il ruolo del lavoro nella vita sociale di ogni individuo.
Questi cambiamenti nel modo di intendere il lavoro e nelle forme di impiego hanno implicazioni oggettive e soggettive, coinvolgendo le condizioni socioeconomiche e socioculturali.
L’articolo mostra quindi, numerosi punti di vista riguardo il significato del lavoro. La letteratura offre una varietà di filoni di pensieri, riguardo un tema in continua in evoluzione che tocca diversi aspetti, dall’organizzazione della vita di un individuo fino ad essere il punto cardine su come una società è strutturata. Il lavoro è inoltre, inteso sia come una componente per l’autorealizzazione sia è inteso come un qualcosa di spiacevole e obbligatorio per la sussistenza. Per Dejours (2007) il lavoro è e continuerà ad essere centrale per lo sviluppo dell’identità dell’individuo. Freitas, Nascimento e Neves (2013), auspicano il formarsi sempre maggiore di collaborazioni tra dipendenti e datori di lavoro che possano portare a rapporti stabili e convenienti per entrambe le parti.
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