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Bias cognitivi: cosa sono, quali sono e come evitarli

I bias cognitivi possono entrare in gioco ogni qual volta si è chiamati a prendere una decisione più o meno importante.

Nella vita di tutti i giorni alcune scelte proprio non possono essere sbagliate. Nella sfera privata: acquistare una casa, mettere su famiglia o sposarsi, nella sfera lavorativa: cambiare lavoro, mettersi in proprio, trasferirsi all’estero.

Come vedremo in questo approfondimento, ogni decisione, anche quando ben soppesata, rischia di rivelarsi sbagliata. Questo succede perché la mente umana è straordinaria ma a volte può trarci in inganno.

Cosa sono i bias cognitivi

I bias cognitivi (cognitive bias) sono un concetto relativamente nuovo. I primi a studiarli furono Amos Tversky e Daniel Kahneman nel 1972. I due psicologi dimostrarono che le persone erano portate a compiere scelte e formulare giudizi in maniera irrazionale.

I bias cognitivi possono essere definiti come un difetto della mente che porta ad interpretare in maniera sbagliata alcune informazioni provenienti da ciò che ci circonda.

Il nostro cervello, è stato dimostrato, non sempre riesce a valutare in maniera oggettiva e distaccata i pro e i contro di una situazione e questo porta a prendere decisioni non corrette.

Chiunque più volte nella propria vita si sarà trovato a pensare: “Se solo avessi agito in quel modo”, “Se solo non avessi accettato” o simili frasi. Probabilmente si è stati vittima di un bias cognitivo, una materia studiata in numerosi ambiti, dall’economia comportale alla psicologia sociale.

Quali sono i bias cognitivi

Hershey H. Friedman in Cognitive Biases that Interfere with Critical Thinking and Scientific ha individuato ben 175 bias cognitivi. Altri studi ne hanno identificati oltre 200. Ne consegue che sono tante le situazioni in cui la nostra mente è influenzata da un pregiudizio tale da indurci in errore.

Vediamo quali sono i bias cognitivi più importanti:

Attore Osservatore

Quando si osserva l’azione di un altro si tende a pensare che il gesto sia stato compiuto per fattori interni. Ad esempio, a causa del carattere o della personalità.

Mentre quando si pensa alle proprie azioni si tende a ritenere che siano i fattori esterni ad influenzarli.

Quante volte si tende a giustificare un fallimento incolpando cause esterne? Si pensi alla classica frase tipica di molti studenti: “Il professore mi ha fatto una domanda trabocchetto”.

Quando invece un simile evento accade ad un compagno o amico, si tende a pensare che quest’ultimo non abbia studiato o semplicemente sia un incapace.

Con il senno di poi

Un comunissimo bias cognitivo è chiamato: con il senno di poi. Questo bias si manifesta quando viene espresso un parere ad evento ormai già accaduto.

Ad esempio, si pensi allo scommettitore che non ha giocato proprio l’evento che aveva esattamente previsto, oppure a coloro che dichiarano di aver solo pensato ma non giocato i numeri fortunati poi estratti al Lotto.

Insomma, questo bias cognitivo porta a pensare che tutto sia così chiaro e definito solo dopo che un qualsiasi evento si è ormai realizzato.

Bias di conferma

Il bias di conferma o pregiudizio di conferma è molto noto soprattutto a psicologi e life coach.

Si intende la tendenza a dare più peso alle informazioni che si condividono invece che cercare di analizzare la situazione nel suo insieme.

Ad esempio, seguire sui social network i soli profili di utenti che hanno opinioni simili alle proprie, rifiutarsi di ascoltare chiunque provi ad esprimere un parere diverso, evitare di utilizzare la logica e la razionalità, sono tutti comportamenti che possono indurre in errore o a sviluppare teorie e credenze sbagliate.

Effetto Alone (Halo Effect)

Questo bias cognitivo è possibile osservarlo quotidianamente. Si verifica quando un soggetto tende a esaltare una sola caratteristica di un’altra persona ed è portato ad estendere questo giudizio positivo a tutto ciò che circonda o riguarda la persona.

Ad esempio, se una persona è particolarmente attraente, in molti, quasi inconsapevolmente, sono portati a ritenere che la persona sia anche intelligente, socievole o di successo.

L’effetto Alone si manifesta in numerosi contesti. Può colpire anche un selezionatore del personale, il quale potrebbe focalizzarsi su una sola caratteristica positiva del candidato e mettere da parte agli aspetti negativi. Questa tendenza vale ovviamente anche al contrario.

Bias di ancoraggio

Il bias di ancoraggio è noto a tutti coloro che operano nel settore nel neuromarketing. Si manifesta ogni qual volta si prende una decisione senza che basarsi su valide premesse a loro volte sostenute da un ragionamento logico.

Tendenzialmente il bias di ancoraggio si verifica perché l’essere umano tende ad essere attratto dalle soluzioni rapide e veloci.

Il concetto di base è che la nostra mente per sua natura tende a scegliere la strada più comoda cercando di evitare tutte le situazioni che richiedono l’utilizzo di molta energia.

Effetto Dunning-Kruger

L’effetto Dunning-Kruger conosciuto anche come il paradosso dell’ignoranza o meta ignoranza, può essere descritto dalla frase: meno si sa più si pensa di sapere.

È un pregiudizio cognitivo molto particolare che porta le persone meno abili e colte a ritenere di conoscere di più rispetto agli altri.

L’effetto è stato più volte studiato negli anni ed è ormai noto che più un soggetto è incompetente più tende ad autovalutare positivamente le proprie capacità.

Paradossalmente più un soggetto è competente e conoscitore di una materia più tende a sottostimare le proprie capacità.

Pregiudizio dell’ottimismo

Il pregiudizio dell’ottimismo conosciuto anche come ottimismo comparativo, si verifica quando una persona pensa di essere meno propensa a subire un evento negativo rispetto a un’altra persona.

Si tratta di una convinzione irrealistica che ad esempio può portare a pensare di: essere immuni da malattie, avere una speranza di vita maggiore.

Si evidenzia che non sempre essere così irrazionalmente ottimisti è dannoso. A volte può essere benefico e tradursi in effetti positivi per la propria autostima, altre volte però può essere molto rischioso perché porta a mettere a rischio la propria sicurezza e salute.

Il pregiudizio dell’ottimismo e i suoi effetti continuano a essere studiati, ad esempio, in How Dopamine Enhances an Optimism Bias in Humans si possono apprendere ulteriori sfaccettature del fenomeno.

Euristica della rappresentatività

Il fenomeno si manifesta ogni qual volta si tende ad associare una persona ad un’altra persona. In altri termini la mente tende a farci ragionare per stereotipi.

Ciò porta a ritenere di conoscere una persona anche dopo poche ore di frequentazione e chiaramente espone ad una visione distorta della realtà. La tendenza a generalizzare è ancora una volta un modo che la mente utilizza per risparmiare energia.

Fallacia di Montecarlo

Questo bias è molto particolare ed è anche noto come l’errore del giocatore d’azzardo. Si tratta della tendenza a credere che un evento determinato dalla casualità sia più o meno probabile a seconda di quel che è successo in precedenza.

Ad esempio, semplificando, giocare alle roulette, significa avere il 50% di probabilità che la pallina si fermi sul rosso e altrettante che si fermi sul nero.

Qualora negli ultimi 3 o 4 giri sia uscito sempre il rosso, la mente porta a ritenere che al prossimo giro le probabilità che esca il nero siano più alte.

Tale modo di pensare è errato poiché ogni evento è indipendente e ogni volta le probabilità che la pallina si fermi sull’uno o sull’altro colore sono le stesse.

Bias della disponibilità

Un ultimo bias cognitivo che merita di essere approfondito è quello della disponibilità. È interessante infatti notare che la maggior parte delle decisioni prese ogni giorno si basano su poche, limitate e inesatte informazioni.

Ad esempio, chiedere chi tra la zanzara o lo squalo provoca più vittime in un anno potrebbe portare in molti a rispondere: lo squalo, poiché si è influenzati dai film e dall’idea in sé dello squalo. In realtà le zanzare sono più letali.

L’esempio è banale, serve solo a comprendere che spesso la mente spinge a prendere decisioni sbagliate, talvolta influenzate da eventi dal grande impatto emotivo o particolarmente recenti.

Come superare i bias cognitivi?

I 10 esempi di bias cognitivi riportati in precedenza sono solo una minima parte dei tanti esistenti e individuali.

Riuscire a non farsi ingannare dalla propria mente è di fondamentale importanza e può portare ad una concreta crescita personale e professionale.

Come evitare, o almeno limitare gli effetti dei bias cognitivi? Gli esperti sul tema sono concordi, l’unico modo è riuscire ad attivare un processo che gli anglosassoni chiamano di debiasing, essenziale per non essere tratti in inganno dalla propria mente. Vediamo quali sono i presupposti necessari per l’attivazione del processo.

Consapevolezza

La sola lettura di questo articolo è già un primo aiuto per superare i bias cognitivi. Sapere che esistono, sapere che tutte le volte che siamo in procinto di prendere una decisione (o esprimere un parere) potremmo essere influenzarti dai bias è un primo passo per evitare di cadere vittima di uno o più errori della mente.

Mentalità aperta

Come abbiamo visto è la tendenza a circondarsi e seguire le sole persone con cui condividiamo le stesse idee e ad evitare ogni critica a favorire i bias negativi.

Per superarli bisogna cercare di essere curiosi, aperti al dialogo e pronti ad accettare anche l’idea di chi non la pensa allo stesso modo.

Prove contrarie

Quante volte si ripete: “Fino a prova contraria”. Un modo per superare i bias cognitivi è proprio quello di cercare la prova contraria.

Cercare delle prove contrarie alle proprie convinzioni che possano in qualche modo far cambiare un giudizio può essere un’ottima soluzione per non farsi ingannare dalla mente.

Piccoli passi

Non bisogna avere fretta. Contrastare un fenomeno che coinvolge la propria mente è possibile ma richiede tempo. È necessario quindi entrare nell’ottica che si sta affrontando un percorso.

Come tale, passo dopo passo, iniziando dapprima a cambiare le piccole cose per poi via via affrontare i problemi più complessi aiuta a combattere e gestire le trappole della mente.

Umiltà

“So di non sapere” diceva Socrate. Il filosofo aveva capito che non si finisce mai d’imparare.

Essere umili, continuare a studiare ed imparare nuove cose ogni giorno permette di sviluppare la mentalità giusta ed è il modo migliore per limitare gli effetti del bias.

Imparare dai propri errori

È fondamentale evitare di essere coinvolti dall’idea che ogni evento negativo sia causato da fattori esterni.

Pensare che tutti gli eventi sfavorevoli sia causati da altri o dalle circostanze e allo stesso che ogni evento positivo sia merito delle proprie abilità predispone il terreno favorevole all’attivazione dei bias cognitivi.

In parole semplici, fare tesoro dei propri errori e prendersi delle responsabilità aiuta a superare i bias.

Come i bias cognitivi influiscono sul lavoro

Infine, vediamo come i bias cognitivi possono rappresentare un ostacolo allo sviluppo della carriera lavorativa.

Sul posto di lavoro è necessario stare attenti praticamente a tutti i bias riportati in questo approfondimento.

In particolare, il bias di conferma, la tendenza cioè a concentrarsi sulle idee e sulle informazioni che più sostengono le proprie convinzioni, può essere un limite per coloro che gestiscono un’azienda, poiché può portare a processi decisionali errati.

I bias di conferma possono inoltre essere dannosi anche per i lavoratori subordinati, i quali potrebbero affrontare in maniera sbagliata una riunione o non riuscire a raggiungere i risultati aziendali.

Sul posto di lavoro è altresì molto frequente il bias di ancoraggio. In questo caso, i lavoratori sono spinti ad accettare senza pensare le decisioni prese da colleghi e superiori, senza sforzarsi in alcun modo di elaborare soluzioni alternative e innovative.

Si tratta di un modo di procedere che arresta i processi di crescita e sviluppo personali. Ad esempio, il bias di ancoraggio rappresenta un limite per lo sviluppo della leadership .

In ultimo, le attenzioni andrebbero rivolte sull’effetto alone e del falso consenso. Entrambi questi bias creano un pregiudizio che può effettivamente portare ad avere idee sbagliate sugli altri lavoratori.

Si pensi ad un manager convinto che i lavoratori da remoto siano meno efficienti dei colleghi in sede, oppure si pensi alla tendenza a circondarsi di sole persone con le quali si condividono le stesse idee.

Entrambi gli esempi servono a capire che chiudersi nella propria zona di comfort è dannoso, indipendentemente dal fatto che si svolga un lavoro da dipendente, da libero professionista o da imprenditore.

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